giovedì 29 maggio 2014

La "piramide della felicità" del gatto

Recentemente ho avuto l'occasione di assistere ad un seminario dedicato al rapporto tra uomini e gatti, tenuto dalla bravissima dott.ssa Sonia Campa, consulente comportamentale specializzata in gatti (se volete visitare il suo sito internet: Pet Ethology). Tra le tante cose interessanti di cui la dott.ssa Campa ha parlato, alcune in particolare mi hanno colpita molto ed oggi ve ne parlo. Vi siete mai domandati, ad esempio, quando possiamo affermare che il nostro gatto è felice? Ebbene, possiamo valutare la felicità del nostro gatto non solo da esperienze quotidiane come le fusa o il suo stato di benessere momentaneo, ma anche considerando il quadro generale del suo modo di vita. In particolare, la dott.ssa Campa suggerisce di valutare la felicità del nostro gatto tenendo presente la "piramide dei bisogni" che vanno soddisfatti per sentirsi appagati dalla propria vita.


Alla base di tutta la piramide si trovano i bisogni primari, che sono quelli che possono accomunare un pò tutti gli animali (uomini compresi) e si tratta delle necessità fisiologiche: alimentazione, sonno, riproduzione, omeostasi (situazione di equilibrio del proprio organismo). Soddisfatti questi, è importante soddisfare i bisogni etologici: si tratta di esigenze innate, che sono però specifiche di una certa specie. Nel caso del gatto troviamo diversi bisogni etologici:
1. la caccia: nei millenni di evoluzione, il gatto si è specializzato come predatore e soddisfare questo istinto è per lui sempre fondamentale. Quei gatti che non hanno modo di cacciare, sfogano questo istinto nel gioco, che è un modo di "accontentarsi" esprimendo comunque la predazione.
2. la sicurezza: il gatto ha una profonda necessità di sentirsi al sicuro, sia a livello di incolumità fisica, che in termini di sicurezza emotiva. Per questo spesso i gatti odiano le porte chiuse e reclamano a gran voce che vengano aperte: non lo fanno per spirito di contraddizione, lo fanno perchè avere una via di accesso sbarrata non li fa sentire padroni della situazione! 

Immagine da web, fonte: QUI
3. avere un proprio territorio: il nostro micio conosce perfettamente la propria casa e (se è fortunato) il proprio giardino, è consapevole dei rischi e dei vantaggi che si trovano nell'ambiente ed instaura un legame fortissimo con il suo territorio. Avere uno spazio conosciuto nel quale muoversi si lega alla necessità di sicurezza del gatto, che fissa precisi riferimenti nel suo ambiente, per sapere dove rifugiarsi in caso di pericolo e quali zone evitare; ma il territorio - e la possibilità di esplorarlo - è importante per il gatto anche per permettergli di arricchirsi a livello cognitivo ed emotivo. Un pò come per noi uomini!
4. esplorazione: si lega al bisogno etologico precedente, nonchè alla possibilità di cacciare. Il gatto è un predatore occasionale: non parte da casa con la precisa intenzione di andare a caccia, ma mentre esplora il territorio si cimenta nella predazione qualora si imbatta in qualche tipo di preda interessante. Ecco perchè sarebbe fondamentale permettere al gatto di soddisfare anche questo di bisogno di esplorazione, eventualmente arricchendo spesso il suo ambiente (pure se si tratta di un appartamento chiuso) in modo da dargli l'occasione di "scoprire" oggetti ed esperienze nuove.

Pauline, micia del gattile di Ferrara in cerca di adozione
In quanto ai bisogni soggettivi, si tratta del "modo" di esprimere e di soddisfare le proprie necessità tipico di ogni micio a seconda del proprio temperamento, e sappiamo quanto questo possa essere personale! Ci sono ad esempio quei gatti che, per soddisfare la loro esigenza di predazione tramite il gioco, amano rincorrere palline di carta stagnola... mentre altri vorranno tassativamente solo topini di peluche. Pensate che i mici si specializzano anche nella caccia, a seconda delle loro inclinazioni soggettive: esistono i gatti specializzati nella caccia ai topi, ma anche quelli specializzati nella caccia agli uccellini. L'avreste mai detto?
Tra i bisogni soggettivi troviamo insomma le necessità più intime e personali del nostro gatto: quelli che spesso sappiamo riconoscere solo noi, i "suoi umani". Così ad esempio sappiamo riconoscere quando il nostro micio ha voglia di coccole e quando di essere lasciato in pace, quando ci sta chiedendo croccantini piuttosto che cibo umido, quando ha bisogno di essere rassicurato e quando gli stiamo francamente dando a noia.

Rossana, micia in attesa di adozione per "A Coda Alta"
Ora che avete letto questo post, cosa mi rispondereste sulla felicità del vostro gatto? Spesso tanti problemi di convivenza tra uomini e gatti derivano da piccole frustrazioni dei bisogni del micio, che talvolta possono essere fraintesi o proprio non compresi da noi umani. E, riguardando la piramide della felicità... è interessante notare che questo schema può ben valere anche per noi uomini, anche se naturalmente rispetto al gatto variano i nostri bisogni etologici e soggettivi!

mercoledì 21 maggio 2014

Svolazzando sul Lago di Garda

Lo scorso mese, complice la primavera sbocciata, ho trascorso qualche bellissima giornata sul Lago di Garda, nella zona sud. Amo tutti i laghi, piccoli o grandi che siano, ma sono rimasta incantata dal Garda anche grazie all'assidua compagnia di anatre, cigni, folaghe e svassi, che popolavano lo specchio d'acqua... anche se ci spostavamo sulla costa, da Salò fino alla Punta di San Vigilio, questi volatili erano numerosissimi, sempre presenti e piuttosto intraprendenti con i turisti. Inoltre, visto il periodo primaverile, ho avuto la fortuna di osservare la stagione degli amori con i suoi frutti migliori: le covate di anatroccoli! Dato che ho fatto un sacco di foto dei vari pennuti, oggi ve le mostro, accompagnate da qualche informazione su queste affascinanti creature.


Partiamo subito dall'anatra "per eccellenza": il germano reale (Anas platyrhynchos), la specie di anatre più diffusa in assoluto in Italia. E' famosa per il suo dismorfismo sessuale: significa che il maschio (più colorato, con il capo verde metallico e il collarino bianco) è molto diverso dalla femmina (marroncina), proprio come i fagiani. I germani ci sono anche dalle mie parti, nella campagna ferrarese (anche se in numero ben inferiore!), ma solo sul Garda ho potuto avvicinarmi tanto da notare tutti i dettagli del piumaggio di queste anatre. In particolare, sono rimasta colpita dallo "specchio alare" dei germani, una fascia blu-viola dai riflessi metallici, posta sulle ali. Ogni specie di anatra ha uno specchio alare di colore diverso, perchè "consente l'identificazione tra appartenenti alla stessa specie, quando sono in volo permette loro di riconoscersi anche a centinaia di metri, favorendo così anche l'aggregazione in stormi nelle specie migratorie" (Wikipedia).

In questa coppia di germani lo specchio alare, colpito dal sole, è evidentissimo!
Un'altra coppietta, impegnata nel pulirsi (mi ricordavano molto i gatti, in questo!)
Sul lago di Garda ho visto tanti, tantissimi germani reali, sia a coppie che in gruppi... le coppie sembravano essere molto unite e fedeli (so che restano insieme almeno per l'intera stagione riproduttiva), mentre invece i maschi single si radunavano a gruppi, diventando molto bellicosi non appena incontravano una coppietta. In particolare, si accanivano per scacciare l'anatra femmina "già impegnata", che alla fine era costretta a volare via insieme al suo legittimo compagno... il quale veniva invece ignorato dai suoi simili single. Perchè tanto accanimento solo sulla femmina?

In questa coppietta invece lo specchio alare è assente! Che dipenda dalla loro età?
Lo spettacolo migliore sono state senz'altro, comunque, le famigliole di germani reali. Ho potuto osservare meravigliose scenette famigliari con genitori e figli accovacciati al sole, a pochi passi da me, ma ho ammirato anche le "prove di nuoto" di mamma anatra con anatroccoli al seguito. Purtroppo, ho anche assistito alla scena di un piccolo anatroccolo che si era smarrito: cercando di unirsi ad un'altra covata, questo veniva scacciato in malo modo dall'anatra madre. Spero che abbia ritrovato la sua legittima mamma!



Un altro tipo di uccello molto diffuso sul Lago di Garda è la folaga (Fulica atra), che io trovo alquanto inquietante. Sarà quello "scudo frontale" che mi ricorda qualche maschera carnevalesca un pò macabra, saranno quelle zampe così bianche e robuste da sembrare fatte di tanti piccoli ossicini... in ogni caso questi uccelli erano ben presenti e sono gli unici che ho visto in cova, in più punti (non solo in zone "naturali", pensate che una coppia di folaghe aveva nidificato anche su un motoscafo attraccato!).


Di tanto in tanto osservavo le folaghe nuotare sull'acqua portando nel becco lunghi rametti e canne, allo scopo di costruire un bel nido dove la folaga femmina potesse covare. Nelle prossime foto potrete vedere non solo le folaghe accanto al loro nido, ma anche la prossima specie di cui vi parlerò... lo svasso maggiore.

Ecco le folaghe in cova, mentre attorno nuotano due svassi maggiori
Osservate le zampe "ossute" della folaga: non sono un pò inquietanti?
Lo svasso maggiore (Podiceps cristatus) è questo inconfondibile uccello che riesce ad gonfiare il piumaggio del capo fino a formare una "cresta" o un "pennacchio". Inoltre, caratteristica che me l'ha reso subito molto simpatico, è in grado di tuffarsi in un battibaleno, nuotando sott'acqua con grande abilità e per diversi secondi (non vi fa specie, pensare ad un uccello che riesce anche a fare il subacqueo?). Mi sono divertita moltissimo ad "inseguire" dal lungolago questo svasso che si tuffava di continuo, emergendo a diversi metri di distanza dal punto di immersione!


Ecco lo svasso mentre si tuffa!
Lo svasso nidifica in zone umide con canneti e fa una particolare danza nella stagione degli amori, detta "il ballo del pinguino". Altra particolarità è che gli adulti portano sulla schiena, accovacciati tra le piume, i loro anatroccoli. Sul lago di Garda, a Lazise, è presente una zona lasciata a canneto, dove ci è stato detto che avremmo potuto ammirare un gran numero di svassi con covate al seguito. Forse siamo stati troppo poco intraprendenti, perchè non abbiamo visto questo grande "raduno" di svassi... in realtà non abbiamo raggiunto la parte più incontaminata del canneto, dove probabilmente gli uccelli avevano nidificato.

Osservando bene, oltre agli svassi si coglie una folaga con il suo anatroccolo.
Le prossime anatre - se le ho ben identificate - appartengono alla specie del fistione turco (Netta Rufina), non diffusissima in Italia. Pare che sia un tipo di anatra tuffatrice, ovvero che si nutre principalmente tuffandosi, proprio come gli svassi... in questo caso però non ho avuto il piacere di assistere a qualche sua performance! Il segno distintivo del fistione turco è il becco rosso corallo e, nel maschio, il piumaggio del capo color arancione-ruggine.



Infine, chiudiamo con un classico dei classici, un uccello talmente bello e famoso da essere quasi uno stereotipo su ogni specchio d'acqua... il cigno reale (Cygnus Olor)! Enorme, elegantissimo, curioso e - se la situazione lo richiede - apertamente aggressivo, sul lago di Garda ho visto tante coppie di cigni scivolare con grazia a pelo d'acqua. La cosa che mi ha sorpreso è stato osservare che, diversamente dalle anatre presenti a frotte, non ho mai visto più di due cigni insieme, forse segno che ogni coppia occupa un territorio ben definito e di una certa grandezza, senza tollerare di dividerlo con altre coppie della sua specie. Possibile? In ogni caso, una notizia che invece posso darvi come certa è la monogamia di questi meravigliosi volatili: maschio e femmina si scelgono per la vita. Come concludere in modo più romantico?


Per un motivo o per l'altro, non sono mai riuscita a fotografare due cigni insieme... ma concludo con questa foto "riassuntiva", nella quale vedete anche un bel maschio di germano reale (destra) e una folaga (sinistra). Che dire? Il Lago di Garda è una delle meraviglie della nostra bellissima Italia... anche grazie alla ricca fauna avicola che ospita!

venerdì 16 maggio 2014

Caboodle Ranch: il villaggio dei gatti in Florida

"Un gatto tira l'altro", si dice. E non c'è niente di più vero, se si pensa a quanto è avvenuto nella vita di Craig Grant, signore americano che neppure amava i gatti! Eppure, quando si ritrovò ad occuparsi della gatta del figlio, Pepper, e dei suoi cinque micini, dovette ben presto arrendersi non solo alla legge del "gatto chiama gatto", ma anche al fatto che questi piccoli felini sono assolutamente adorabili! Affezionatosi a Pepper e alla sua cucciolata, ben presto il signor Grant capì che non poteva garantire una vita sicura e dignitosa ai suoi sei gatti, vivendo in un piccolo appartamento a Jacksonville, dove anche il vicinato non si stava dimostrando per nulla gattofilo. Che fare, dunque? 

Il Caboodle Ranch, Florida. Fonte foto: http://www.caboodleranch.org/Index.html

Era il 2003 e il caso volle che Craig Grant notò un annuncio immobiliare per l'affitto di cinque acri di terra in una zona boschiva, distante 100 miglia da Jacksonville: un bel sacrificio pensare di trasferirsi là, rivoluzionando tutte le proprie abitudini! Eppure, un pò per "l'emergenza gatti", un pò per il basso costo dell'affitto, il signore americano decise di fare una visita al luogo, incuriosito. Giunto qui, si rese conto che quel terreno era il luogo perfetto per fondare quello che oggi è il "Caboodle Ranch"! Trasferitosi là nel Giorno del Ringraziamento del 2003 con 11 gatti (Pepper e i cinque cuccioli, più ulteriori cinque randagi raccolti nel quartiere), oggi ha acquistato ben 30 acri e ha disposto in questo boschetto un vero e proprio villaggio per gatti abbandonati, con casette colorate, ciotole e abbeveratoi, grandi lettiere, "fortezze albero", percorsi naturalistici e tanto, tanto spazio dove gli animali possono vivere in sicurezza. Guardate questi due video, che vi mostrano i tanti ospiti del Caboodle Ranch e il grande impegno del sig. Grant:




Oggi Craig Grant si occupa a tempo pieno di questo sorprendente villaggio dei gatti, che è un "santuario" permanente per l'accoglienza di gatti abbandonati, randagi o maltrattati. I gatti, si legge sul sito dedicato, sono tutti castrati o sterilizzati e visitati regolarmente dai veterinari. E' anche possibile organizzare visite al Caboodle Ranch - "dove i gatti non sono trattati come animali" - diventato ente no-profit per la cura e l'accoglienza di mici randagi, mantenendosi grazie alle donazioni, nonchè all'impegno quotidiano del signor Grant. Che altro dire? Un progetto nato quasi per caso, che oggi è un enorme e bellissimo villaggio a misura di gatto, all'interno di un vasto bosco. Sembra quasi una favola, invece è una realtà - magari molto americana - nata dall'incontro tra Craig Grant e la gatta Pepper: perchè è proprio vero che un gatto tira l'altro, ma soprattutto che è impossibile non innamorarsi dei nostri stupendi felini domestici.

venerdì 9 maggio 2014

Il peso di ogni vita (era "solo" un piccione)

Questa è una storia triste, di quelle di cui cerco di non parlarvi mai. Ma oggi è giusto, perché forse è l’unico modo per dare voce alle vite di quelle creature che, per noi uomini, non hanno peso. Oggi vi racconto qual è il peso di una piccola vita, una di quelle verso cui spesso ci sentiamo giustificati a provare la più assoluta indifferenza, se non addirittura disprezzo. E più della morte in sé, ecco il vero male del nostro mondo: l’indifferenza, quella bestia cieca e irresponsabile, che ci fa pensare che, in fondo, era solo un piccione.

***

Il pomeriggio era favoloso: il cielo terso, un sole splendente, il caldo stemperato da un vento continuo e vigoroso; le strade di campagna si aprivano varchi in mezzo ai campi verdeggianti e alle cascine, ed era un piacere percorrerle pedalando. Vincevo la resistenza del vento, mentre lo sforzo si trasformava in soddisfazione ad ogni metro, il sudore che si asciugava immediatamente nelle folate. Le rare macchine sfrecciavano veloci, fin troppo, ma se ne stavano a debita distanza su quelle strade pulite ed immerse nella campagna, dove vedere contemporaneamente più di tre automobili era molto raro. Nelle orecchie: il rumore del vento, dell’acqua del Volano che costeggia la strada, i cinguettii degli uccelli, passando accanto agli alberi e ai cespugli.
A un certo punto avevo notato qualcosa, in mezzo alla strada, alcuni metri davanti a me. Un ammasso di penne e piume grigie, già completamente appiattito: l’ennesima vittima della strada, di quelle macchine che sfrecciano nella solitudine di una strada sgombra e non si preoccupano minimamente di essere un pericolo per qualcuno, per qualcosa. Chi mai potrebbero uccidere?
Un gatto, un riccio, una nutria… un piccione? Beh, ma sì, ma poi tanto i piccioni volano, si sposteranno, non occorre neppure rallentare, non c’è motivo… tanto volano, adesso volerà, adesso si sposterà… e invece no, il piccione non aveva fatto in tempo, probabilmente incapace di valutare la velocità di un’automobile. E il conducente? Cosa avrà pensato? Forse che, in fondo, era solo un piccione. Che peso può avere la vita di un piccione?

Ora vi racconto il peso della vita di quel piccione, perché la storia non è finita.
Avvicinandomi in bici all’ammasso di penne in mezzo alla strada, già completamente schiacciato perché su di esso erano passate più e più auto, ho visto qualcosa che mi ha colpita profondamente, facendomi provare una compassione che a stento riesco ad esprimere a parole.
Giù di strada, al di là della linea della carreggiata, c’erano un altro piccione adulto e, accovacciato lì accanto, un piccolo pullo di piccione, che pigolava disperato. Il piccione adulto immobile, stava fissando l’ammasso di penne sulla strada: chissà da quanto tempo erano lì, chissà quando era successo l’incidente. Anche il piccolo pullo, con il becco già molto pronunciato, il corpo coperto di piumette grigie dalla sfumatura ancora gialla, fissava quello che era stato uno dei suoi genitori… e il suo pigolare, quel suo richiamo continuo, disperato e shockato, mi ha spezzato il cuore.
Quando mi sono avvicinata a piedi (sono arrivata a pochi passi da loro) il piccione adulto è rimasto fermo, con la precisa volontà di restare a vegliare il suo piccolo sopravvissuto e l’altra metà della sua vita, improvvisamente spazzata via. Lo sapevate che i piccioni sono monogami e che le coppie che formano durano per tutta la loro vita? E ora quel piccione era lì, a vegliare su un ammasso di penne: tutto ciò che era rimasto dell’altra metà della sua vita. E il piccolo pullo, senza uno dei suoi genitori, sarebbe sopravvissuto?
Sono rimasta lì alcuni minuti, senza capire cosa dovevo o potevo fare. Era chiara l’intenzione dei due uccelli nel voler restare lì, incapaci di spiegarsi cosa fosse successo all’altro membro della loro famiglia. O forse lo capivano fin troppo bene, e non riuscivano ancora ad andarsene. Intanto era già passata, sfrecciando come un ossesso, qualche altra macchina… che, vedendomi, aveva accuratamente evitato di passare troppo vicina ai due uccelli. Già, perché lì c’ero anche io, e la mia vita vale molto di più di quella di un piccione, non è vero?
Tutto quello che alla fine ho potuto fare, è stato spostare dal centro della strada quell’ammasso di penne, appoggiandolo tra l’erba, a qualche passo dall’adulto e dal piccolo, in modo che almeno non tentassero di raggiungerlo in mezzo alla carreggiata. Non so che ne sarà di quel pullo che pigolava, né so cosa ne sarà di quel piccione adulto che stava vegliando sul dramma che aveva colpito la sua famiglia.
Avrei dovuto raccoglierli, forse? Non lo so, quello che so e che ho capito bene, è che in quel momento erano sconvolti come lo saremmo noi di fronte alla perdita di un genitore, di un membro della nostra famiglia. Questo era quanto valeva la vita di quel piccione.

Mi dispiace tanto, non ho potuto fare altro per voi.
Non sono qui per sostenere la realizzazione di un’illusoria utopia dove ogni creatura al mondo possa vivere felice, morendo di vecchiaia: so bene che l’equilibrio naturale si basa su ben altri meccanismi, ai quali è difficile, forse impossibile, sottrarsi. Ma non possiamo più permetterci di pensare che esistano vite senza peso, senza valore. Perché ciò a cui ho assistito, nella sua drammatica tristezza, è stata la più viva testimonianza che ogni vita ha un peso, un valore, un’importanza fondamentale per qualcun altro. Fosse anche quella di un solo piccione.

lunedì 5 maggio 2014

Una stagione: la primavera (2014 - 3)

Che strana primavera! Si alternano giorni caldissimi, con un sole che già scotta, a giornate piovose e cupe, ancora cariche di freddo... in ogni caso ormai siamo entrati ufficialmente in maggio e terminato questo mese l'estate sarà vicinissima!

  
Qualche pianta già anticipa la stagione estiva producendo in abbondante anticipo i frutti: come questo pruno selvatico, già carico di piccole prugne (assomigliano molto alle ciliegie, ma il gusto è di prugna!). Lo scorso anno abbiamo raccolto queste prugne a metà luglio, quest'anno scommetto che già a fine giugno saranno pronte.


Oggi vi mostro anche le "new-entry" in giardino di questa primavera: io e mia mamma ci siamo date alle "spese da pollice verde" e abbiamo arricchito con nuove piante e fiori il nostro spazio verdeggiante. Oltre a due oleandri (uno color corallo, l'altro rosa), abbiamo acquistato una nuova rosa dalle sfumature delicate e un meraviglioso rododendro!



 

Ma anche nel resto del giardino non mancano le fioriture: nell'aiuola delle aromatiche la borragine è in fiore, come pure l'erba cipollina tra l'elicriso e le "orecchie d'asino"...



E a proposito di erbe aromatiche... sul mio davanzale, da una settimana circa, sta questa bella piantina di ruta, sulla quale vive un piccolo, piccolissimo ma voracissimo ospite. Non vedo l'ora di potervelo presentare!


Riuscite a indovinare di chi/cosa si tratta? Intanto buona settimana a tutti voi!